Chiudete gli occhi ed immaginate di perdervi nell’azzurro più profondo. Lasciatevi avvolgere dalla sensazione del colore, come un tessuto pregiato che scivola pieno di premura sulla vostra pelle. No, non state vaneggiando un paradiso sconosciuto. E no, non state nemmeno immaginando lo spot pubblicitario di un nuovo yogurt cremoso. State semplicemente assaggiando una piccola porzione del magico mondo caraibico. Il morso va dato in fretta, giusto il tempo che occorre per leggere questo articolo e programmare il prossimo viaggio. Destinazione: Aruba.

Appena atterrate ad Oranjestad, ad Aruba. Io, la mia inseparabile partner in crime e tre valigie gigantesche. Nei bagagli, chiusi a fatica, costumi e parei dai colori sgargianti si mescolano con tacchi a spillo e pochette glitterate. Perché “l’isola felice” è spiagge bianche e vegetazione, acqua e sale, tanto sole. Capelli arricciati e una macchina fotografia da cui non mi separo mai. Di giorno. Ma anche vernissage all’America Art Gallery, cocktail su ampie terrazze che gettano sguardi romantici al tramonto, cene esclusive e dj set in piscina quando cala la notte. Finalmente in albergo. La camera del Renaissance Aruba Resort & Casino ci travolge con una ventata di aria condizionata fresca carica di novità. Mi affaccio subito dal balcone. Sono incuriosita dal leggero brusio che arriva. Vedo ragazzi a passeggio nella hall, persone che sorseggiano bevande guarnite di fiori e frutta, una piscina da sogno. Siamo in pieno centro, a pochi minuti dall’aeroporto, a due passi da noi c’è il porto e le vele bianche delle barche ormeggiate dondolano appena sul tappeto azzurro dell’oceano.
Mi sporgo dal terrazzo della stanza per osservare il movimento placido delle piccole onde. Oltre, più in là, c’è la Renaissance Island. L’isola privata dell’albergo, attrazione tra le più ambite di Aruba. La raggiungo in men che non si dica, a bordo di un piccolo yatch. Ed è in questo piccolo frammento di terra emersa che sboccia un amore folle e assolutamente inaspettato. Il sortilegio avviene quando incontro – per la prima volta – gli uccelli più eleganti del creato: i fenicotteri. Ce ne sono sette in tutto, si avvicinano, si lasciano accarezzare e mangiano senza timore dalle mie mani. Questi splendidi esemplari, rapiti dalla bellezza dell’isolotto, hanno scelto qualche anno fa di non migrare insieme ai loro simili e di restare a custodire la sabbia bianca.
Ma non c’è solo la preziosa Renaissance Island a celebrare il prodigio della bellezza naturalistica di Arabua. Con una jeep nera, sù e giù per i tornanti e facendo la gincana tra i cactus, si arriva al Parco Nazionale. Ad accoglierci c’è il ranger Mr Julio Beaujon. Uomo affabile e sorridente. Mr Beaujon è un pozzo di sapere, è lui il custode della storia dell’intero parco, di cui conosce ogni singola foglia, ogni iguana ed ogni ciottolo. Con il ranger ci sediamo a colazione e parliamo, parliamo a lungo. Della “sua” terra, della flora e della fauna nella quale siamo immersi e che con la stessa curiosità dei fanciulli vogliamo scoprire.

Proprio quando pensavo di aver visto tutto ciò che di più meraviglioso la natura avesse da offrire, sono stata però costretta a ricredermi. La “conversione” avviene a bordo del luxury yatch “Monforte” della Pelican Pier. Molliamo gli ormeggi ed andiamo a largo, finché la costa non scompare. Finché non ci siamo solo noi. E il mare tutto attorno. A bordo è un via vai di flutes di champagne, tuffi di ogni sorta, pinne e maschere da snorkeling. Io però resto immobile. Piacevolmente disorientata da tutto quell’azzurro che si estende a perdita d’occhio, senza finire, senza lasciarsi afferrare dallo sguardo umano. A fine giornata, quando mi levo di dosso la salsedine e passo un velo di pregiatissima crema dopo sole “Aruba Aloe” sulla pelle sento scorrere dentro di me un’energia incredibile. è questo ciò che accade a chi entra in piena sintonia con lo spirito dell’isola di Aruba. “L’isola felice” è un potente antidoto contro malinconia e spossatezza, anche grazie alla complicità delle mani sapienti che massaggiano con amore il corpo dei visitatori centimetro dopo centimetro. Una coccola speciale che non ci si deve assolutamente concedere nella bellissima Spa del Ritz Carlton, fiore all’occhiello delle strutture alberghiere locali. Ma adesso è ora di vestire un abito color confetto, mettere un filo di rossetto e addentare Aruba. E stavolta non c’è nulla di metaforico in queste parole. La cena qui è un momento speciale, serve a ritemprare il corpo asciugato dal mare e a godere della magia del sole che scompare all’orizzonte. Durante il soggiorno è possibile soddisfare qualsiasi desiderio enogastronomico dando respiro anche alle voglie più esotiche. E’ possibile spaziare dalle atmosfere retrò del Quinta del Carmen, al servizio impeccabile del Windows of Aruba, passando per l’allestimento boho chic del Passion Island, fino ad arrivare alla sublimazione del gusto al The Kitchen Restaurant del Blue Residence dove il pluripremiato chef colombiano Urvin Croes propone ad un pubblico ristrettissimo – e solo su prenotazione – un menù che reinterpreta la cucina olandese tradizionale. Dopo cena si balla tutta la notte, un po’ nella speranza di bruciare qualche caloria, un po’ perché – anche in questo caso – l’isola offre numerose attrazioni. Una su tutte? La House of Mosaic è certamente la scelta più suggestiva da fare per chi intende vedere l’alba in ottima compagnia. Si tratta di un’enorme villa privata distribuita su più piani, tra una rosa di saloni che si aprono a raggiera ed un grande giardino, adibita a location per party ed eventi. Questa “casa speciale” è nata dall’estro di Fernando, pr e talent scout di artisti emergenti, uno tra i più eclettici abitanti dell’isola. Il giorno che lascio Aruba sono triste. Triste per davvero. Mi preparo a dire arrivederci all’azzurro del suo mare con una colazione ricca al Bacuti & Tara lounge. Nei pancakes caldi e in qualche spicchio dolce di frutto della passione si scioglie la malinconia e trovo finalmente la forza di incamminarmi verso l’aeroporto. Al mio fianco c’è la mia compagna di viaggio, adesso sorride anche lei. Guardandomi mentre arranco goffa. Le valigie pesano, ma non ho rinunciato a portare con me “il mio Picasso”. Il quadro che ho realizzato all’Historical Museum della città, luogo simbolo della storia di Aruba, dove l’artista Vanesa Paulina ha creato un laboratorio d’arte unico. Nella suggestiva cornice di Fort Zoutman, ex fortezza militare olandese, ognuno può imprimere il ricordo di un soggiorno indelebile sulla tela.
Elena Barlozzari
