Tra le intercettazioni spunta una storia d’amore tra un mafioso e un agente di Polizia
Nicola Gratteri, investigatore antimafia calabrese, ha rivelato che la ndrangheta ha assunto un comportamento più tollerante verso i gay “Purché non lo sfoggino in pubblico”. A seguito di diverse intercettazioni telefoniche che non hanno nulla a che fare con accordi legati ai traffici illeciti, ma che portano alla luce alcune relazioni amorose tra esponenti delle famiglie criminali, il detective si è ritrovato ad ascoltare e a leggere messaggi intimi e privati tra alcuni boss. Tra le diverse intercettazioni è venuta a galla anche una storia d’amore tra un mafioso e un agente di Polizia.
Gratteri, che da 30anni vive sotto scorta, afferma che: ”L’accettazione da parte della famiglia criminale di persone omosessuali fa parte di un ammorbidimento nella cultura. Ho portato in giudizio – continua l’uomo – i nonni e i padri dei capi di oggi ed erano impassibili di fronte alle lunghe pene detentive. I giovani di oggi, invece, non possono sopportare lo stress della prigione come hanno fatto i loro predecessori. Diventano paranoici, depressi. Sono più fragili”.
Alla luce di queste dichiarazioni la scorta dell’uomo si attendeva il peggio e per questa ragione le misure cautelari nei confronti dell’inquirente si sono intensificate. Rilevare l’accettazione dell’omosessualità della mafia era uno scacco che secondo gli organi di sicurezza dello Stato avrebbe portato conseguenze gravi. Le presunte minacce di morte, però, hanno lasciato spazio a lettere dove la ’ndrangheta criticava l’equiparare l’accettazione dei gay nel loro ambiente ad un atteggiamento più “morbido”; non dimentichiamoci che nell’immaginario collettivo l’omosessualità, da sempre, ha minato la figura della mascolinità e dell’uomo intesa come immagine dura e virile